mercoledì 27 febbraio 2013

Cinque stelle nella notte.

L'Italia è ingovernabile perché i partiti tradizionali hanno fatto analisi e dato indicazioni e speranze che non hanno nulla a che vedere con la realtà. La realtà è che la crisi economica in atto non è curabile con il rilancio della crescita, ma con la presa d'atto che la crescita non è più possibile. Andava detto e va ripetuto! Le società di vecchia industrializzazione non possono (nè devono) crescere ulteriormente, quello che devono fare è prendere atto di aver già superato quell'optimum di consumo oltre il quale c'è solo degrado sociale ed ecologico senza alcuna contropartita, e attrezzarsi alla realtà di un'economia statica se non in decrescita, nella quale non si guarda più alla performance del PIL, ma alle condizioni generali dei cittadini. Le società di vecchia industrializzazione non possono più crescere perché devono lasciar crescere ancora un po' le altre e la pressione dei 7 miliardi di uomini sul pianeta è già oltre la soglia sostenibile. Prendendo atto della biofisica del pianeta e del fatto, scientificamente incontrovertibile, ma politicamente ancora non accettato, che l'economia è un processo biologico, si comincia a capire meglio quello che è, e quello che non è possibile.
La lista delle cose impossibili l'ho fatta mille volte e ve la risparmio.
Quella delle cose possibili deve essere urgentemente messa nei programmi politici.

L'Italia è ingovernabile, ma non lo è più di altri paesi. Come si diceva un tempo è l'anello debole della catena. Ingovernabile è l'intero sistema umano. Le diverse insostenibilità si compongono casualmente. Appaiono come insostenibilità economiche e politiche, ma sono adagiate su una insostenibilità ecologica strutturale. Troppi individui e troppi consumi. Troppo Homo sapiens per un solo pianeta. Concentrarsi sugli effetti superficiali della crisi è sbagliato e fuorviante. Si deve andare alla radice, dunque essere radicali. I Radicali storici quelli di Marco Pannella, oggi, si occupano con nobiltà e competenza di fenomeni marginali (la condizione dei detenuti e della giustizia), ma qui fra poco, se non si fa nulla, passeremo dalle carceri agli Stadi (non quelli della domenica, ma quelli di Pinochet) e poi ai campi di detenzione (anzi in parte ci siamo già con i CIE).

Ieri è entrata nel parlamento italiano una forza politica magmatica e innovativa (finalmente una volta si può usare il termine senza timore di cadere nella retorica) che promette di essere aperta e attenta alle istanze che provengono dalla società. Una forza che ha già manifestato una certa coscienza dell'insostenibilità ecologica della nostra società. Naturalmente si sono già scatenati contro questa forza tutti i luoghi comuni e le paure amplificate e guidate da un'informazione che fa ormai interamente parte dell'oligarchia di potere, senza eccezioni (a parte la rete).
 
Il nostro impegno di scienziati preoccupati (e quindi fuori dal giro oligarchico) per una situazione che mette a rischio il futuro dei nostri figli e nipoti è aiutare questo movimento e nei casi in cui si pensa che sbagli incalzarlo perché si corregga. Mettiamoci umilmente a disposizione per quanto è possibile, scendiamo dalle torri d'avorio dell'accademia che è comunque destinata a marcire nella propria supponente inutilità.

giovedì 14 febbraio 2013

Mo' bbasta.

Oggi alla pagina 27 di Repubblica (rubrica: Attualità. sic!) c'è un articolo di Pietro Del Re intitolato: Giungle, abissi e animali rari, il mondo che resta da scoprire. Mi sono detto subito: ma lasciatelo coperto! Con la scusa di studiare la biodiversità andiamo a piantar chiodi, a far buchi, a raccogliere, uccidendoli, esemplari di nuove specie, a pesticciare, strappare, metter sottosopra i cosiddetti "paradisi inviolati". Una nevrosi incurabile. Lasciamo qualcosa di incompiuto, lasciamo qualcosa nel mistero. Altrimenti, come ormai succede a me da anni, l'unico momento di rapimento sarà per tutti guardare il cielo stellato, sempre che non sia invisibile per l'inquinamento atmosferico e luminoso.

Il fascino che suscitano film come Avatar, al di la della trama abbastanza trita, è dovuto agli effetti speciali come sostituti di qualcosa che abbiamo perso per sempre. La natura selvaggia che ci portiamo dentro e che fra poco avremo distrutto interamente.



Come diceva un mio amico romano in un diverso contesto, era di fronte a qualcuno che gli ricordava i vantaggi della crescita economica che ci ha sollevato dalla indigenza: "si d'accordo, ma mo' bbasta!".


venerdì 1 febbraio 2013

La sfera di cristallo. Chi fa previsioni si sbaglia. Chi non ne fa si abbaglia.


 
In questi giorni un post di previsioni per il 2013 scritto da Antonio Turiel sul suo blog e tradotto sul blog di Ugo Bardi, mi ha indotto a riflettere un po' sugli ultimi dieci anni. Nel 2003 infatti fui svegliato da Ugo sulla questione del Picco del Petrolio e sulle sue conseguenze. Ho già parlato di questo "risveglio". Da quel momento ho indubbiamente fatto parte della schiera delle Cassandre e dei catastrofisti. Reazione normale in un mondo pieno di Pangloss e, militando in un partito, quello radicale, nel quale i Pangloss mercatolatri (il mercato è sempre bello e risolve sempre tutto e comunque lo risolve meglio dello Stato) sono particolarmente attivi (se non necessariamente maggioritari) la malattia si è aggravata.

Non ho sbagliato a essere catastrofista perché se si combinano le informazioni che vengono dal campo di quelli che si occupano di limiti delle risorse con quelli di coloro che si occupano di limiti della popolazione, impronta ecologica, e capacità di carico è chiaro che la catastrofe è in atto.

Ho sbagliato a volte nei toni e sicuramente nei tempi. Sono in buona compagnia, ma non mi consola. Il problema dei toni lo lascio da parte perché è essenzialmente un argomento legato alla capacità retorica di cui sono particolarmente sprovvisto.
(Qui retorica è usato in termini positivi come "arte del convincere" con parole adeguate. A volte oggi sconfina nella demagogia, ma non è questo il significato che voglio dargli).

Personalmente non mi aspettavo che il sistema nel suo insieme fosse abbastanza robusto da incassare i colpi ricevuti da un lutro di crescita ininterrotta del costo dell'energia sfociata in una crisi finanziaria globale nella quale siamo ancora impantanati.

Non mi aspettavo neppure che il diniego del problema sistemico del superamento della capacità di carico del pianeta, determinato da consumi insensati di risorse da parte di una cospiqua minoranza (20%) e da una popolazione strabordante, fosse una caratteristica sociale e culturale così resistente. Perfino fra noi picchisti, limitisti, aspisti, rientrodolcini, descrescenti ecc molti argomentano con raffinatezze intellettuali su come il problema dell'impronta ecologica non sia il numero di persone (cioè la popolazione) ma i consumi di quel 20%. Belle parole: terzomondiste, politicamente corrette, redistributiviste, buoniste, cattocomuniste, clerico-conservatrici, liberiste e luogocomuniste. Tutti insieme a dire la natalità non è un problema il problema sono i cattivi che sono anche consumisti. Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se i consumisti nord-occidentali e giapponesi decidessero di smettere di consumare. Di botto. Lasciamo perdere, questo potrebbe essere l'argomento per altri 217 post.

Quello che mi interessa in questo post è iniziare a parlare dei miei (nostri?) errori invece di provare, come fa Turiel (per altro studioso di grande valore) a farne di nuovi.

L'errore principale è stato determinato dall'ignoranza e dalla paura. Ignoranza in campo storico ed economico e la paura di quello che poteva succedere. Intendiamoci, come ho detto, penso che si sia in fase di catastrofe conclamata, ma sono i tempi che ho (abbiamo?) sbagliato. Non è che quelli che mi dicono che siamo ancora in configurazione BAU (Business as Usual) come dieci anni fa risultino molto convincenti: lo vadano a chiedere al numero crescente di disoccupati, e di quelli che muoiono di fame, e di quelli che non respirano a Pechino, ecc ecc

Nel 2003 ero convinto che nel giro di 5-10 anni la mia vita sarebbe cambiata in modo radicale. Non sapevo bene cosa immaginarmi, ma l'idea era che il mondo sarebbe cambiato talmente velocemente che ci sarebbero state probabilità molto alte di perdere il lavoro per il fallimento dello Stato (a tutti i mercatolatri faccio presente che io con il mio stipendio pago dei privati per i loro beni e servizi, non è che pago altri impiegati pubblici perché stiano seduti a grattarsi), e che mi sarei trovato a difendere un pezzo di terra per crescere una parte del cibo per la mia famiglia e per me. Si sa, il catastrofista oscilla fra l'impegno e il survivalismo.

Troppi fra noi cercavano ogni giorno le notizie che confermavano il collasso imminente. Alcuni aspettavano a breve la fine dell'egemonia USA (crf GEAB), e la fine della UE (Nicole Foss), altri il collasso del capitalismo (tutti i comunisti), altri ancora la catastrofe climatica accellerata. In campo economico, energetico ed ecologico ogni notizia era presa a pretesto per confermare una visione di rapido deterioramento del sistema.

Invece? Invece la situazione è brutta, ma s'ha da patì con lentezza. E' solo una questione di tempi. Credo di aver sbagliato di un fattore 5 nella previsione dei tempi in cui l'accelerazione del deterioramento sistemico sarà tale da modificare tanto la vita della maggior parte degli abitanti del primo mondo da determinare qualche rivolgimento socio-economico che ci permetterà di dire che veramente tutto è cambiato.

Quindi invece, di 5-10 anni a partire dal 2003 avrei dovuto pensare ad un intervallo di 25 anni nel caso peggiore, mentre nel caso migliore (maggiore resilienza del sistema) 50. Nel mezzo va sempre bene. Così me la sono cavata e ho spiegato come mai non sono capace di fare una previsione e non sono lo strologo di Brozzi.

Certo che le notizie sono tutte brutte.

0) La popolazione umana continua a crescere alla velocità di 70 milioni di individui all'anno, cioè 192mila persone al giorno, 7990 all'ora, 2 al secondo. E di fronte a questo chiunque parli di diritti delle donne, di contraccezione et similia viene rintuzzato in un angolo da destra e da sinistra, e  anche dal centro, perché viola qualcosa o non tiene conto di qualcos'altro. Lasciamo perdere ... per ora.
1) La fertilità dei suoli è in regresso mentre l'erosione avanza. Il sembra sia dovuto al fatto che stiamo pagando vari fattori: i cambiamenti climatici, l'ipersfruttamento dei suoli da parte dell'agricoltura industriale e la cattiva qualità agricola dei suoli di più recente dissodamento che, al contrario di quelli delle zone temperate, sono meno ricchi di nutrienti e, una volta denudati dalla protezione vegetale, si erodono rapidamente.
2) Un numero crescente di popolazioni animali è in regresso. Essenzialmente tutte tranne quelle che servono agli uomini o quelle che direttamente o indirettamente l'uomo favorisce. Esempio eclatante il collasso delle popolazioni ittiche che dopo decenni di pesca industriale rischiano l'estinzione.
3) La produzione di petrolio è ufficialmente sostenuta da nuovi tipi di petrolio che hanno minor contenuto energetico (per unità di volume, cioè per barile) e maggiore impatto ambientale (consumo di risorse e inquinamento). Il petrolio sta facendo da trasmettitore dalla crisi ecologica a quella economica.
4) La crisi petrolifera non ha modificato il tasso di emissioni globale in una situazione in cui ogni anno diventa sempre più chiaro che il trend climatico segue le previsioni più fosche e non quelle più ottimistiche.
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N) Ieri a Milano dei ragazzi si sono scontrati con la polizia per qualche ragione legata all'arrivo di Mario Ballotelli.