martedì 18 dicembre 2012

Vivere a lungo ... malati. Il picco della salute.


Nel numero del 17 dicembre della rubrica di Geopolitica condotta da Lorenzo Rendi su Radio Radicale, il giornalista ha meritoriamente riportato i risultati di un corposo studio della rivista di scienze mediche The Lancet sulla salute umana globale intitolato: “Global Burden of Disease Study 2010” (Studio sul carico globale della malattia 2010). Lo studio conferma, allarga e approfondisce quanto indicano i dati Eurostat pubblicati sul suo blog da Ugo Bardi nel febbraio del 2011 e ripresi da varie voci sui media (si veda qui e qui).

Consiglio di ascoltare l'intera trasmissione di Rendi che è scaricabile nel formato mp3 dal sito della radio riportato sopra.

Il lavoro del Lancet è molto esteso ed è impossibile darne anche una semplice visione d'insieme. Mi limito a tradurre quello che si può leggere a proposito sul sito internet della rivista.

Lo studio riporta le nuove stime della speranza di vita per le ultimi quattro decadi (1970-2010) in 187 diversi paesi. A livello globale, nel 2010 l'aspettativa di vita media di un uomo è aumentata di 11,1 anni (19,7%) da 56,4 anni nel 1970, a 67,5 anni nel 2010. Per le donne, l'aspettativa di vita è aumentata di 12,1 anni (19,8%) nello stesso periodo, da 61,2 anni nel 1970, a 73,3 anni nel 2010. Le morti di bambini sotto i 5 anni di età sono diminuite di quasi il 60%, da 16.4 a 6.8 milioni di morti. Mentre l'aspettativa di vita in generale è in aumento a livello globale, il divario tra i paesi con tasso più alte e quelli con tasso più basso è rimasto simile dal 1970, intorno ai 32-47 anni, anche quando si scontano le crisi di mortalità significative, come il genocidio del 1994 il Ruanda.

I risultati mostrano che le malattie infettive, le malattie della maternità e infantili e la malnutrizione, fanno oggi meno morti rispetto a vent'anni fa. Di conseguenza, meno bambini muoiono ogni anno, ma è aumentata la mortalità degli adulti più giovani e di mezza età che soffrono di malattie e lesioni, come le malattie non trasmissibili. Il cancro e le malattie cardiache diventano nel mondo le cause dominanti di morte e disabilità. Dal 1970, gli uomini e le donne in tutto il mondo hanno guadagnato poco più di dieci anni di speranza di vita, ma convivon più anni della loro vita con lesioni e malattie.

Appare inoltre chiaro che tale aumento della mortalità e della malattia, nelle fasce di età centrali della popolazione, abbia come origine fattori ambientali e nutrizionali.

 















Più chiaro di così ... si muore!

Per riflessioni più ponderate ci sarà tempo e modo di approfondire lo studio con l'aiuto di specialisti del settore medico.

lunedì 17 dicembre 2012

Io sto con Pannella.

.... perché ha dato a questo paese più di tutti questi che si sono alternati al potere, e avevano il potere di fare, e non l'hanno fatto. Perché Pannella è il signor Hood "che scaricò le sue pistole in aria e regalò le sue parole ai sordi". Perché Pannella non da mai l'impressione di avere in odio qualcuno, e io invece spesso devo fare un sforzo per non odiare, mentre lui ci ha insegnato che non ci sono nemici, ci sono avversari. Perché Pannella fa discorsi che sono intricati come piatti di spaghetti, ma poi ispirano la riflessione più di cento discorsi demagogici fatti da grandi comunicatori. Perché Pannella va al telegiornale solo quando è in pericolo di vita. Perché Pannella prende gli sputi in una piazza dove non uno dei suoi contestatori è capace di sostenerne lo sguardo men che mai il contradditorio. Perché Pannella ci diceva che la strada della violenza era una scorciatoia, e che la nonviolenza sarebbe arrivata più lontano, ma non diceva che i violenti erano meno umani di lui. E poi anche perché gli voglio bene come ad un padre.


sabato 15 dicembre 2012

Le idee (conformi) della Società Italiana di Fisica sull'energia.

La Società Italiana di Fisica (SIF) ha pubblicato i suoi suggerimenti nella consultazione pubblica sul documento di Strategia Energetica Nazionale del governo Monti. Il documento della SIF è leggibile sul blog della Società Chimica Italiana.

Questo il mio commento al documento della SIF:

Ci sono solo due punti in cui si può concordare pienamente con il documento della SIF, primo il fatto che si considera positivo il ritorno ad un Piano Energetico Nazionale, secondo il fatto che la consultazione non sia stata sufficientemente pubblicizzata, fatto che prelude probabilmente ad una altrettanto scarsa pubblicità dei suggerimenti dati dai cittadini e dalle associazioni. Per il resto il documento appare abbastanza deludente tanto più in quanto prodotto da una élite intellettuale come quella dei fisici della quale tutti hanno, da sempre, la massima stima.

A parte la difesa del nucleare sulla cui sostenibilità non mette nemmeno più conto spendere una parola. Colpisce in modo particolare la presa di posizione della SIF nella guerra mai dichiarata fra rinnovabili elettriche e rinnovabili termiche, che sono, a mio avviso, complementari e dalla cui contrapposizione non possono che acquisire vantaggi le fonti fossili. L’insistenza sulla questione dell’eccesso di incentivazione delle rinnovabili elettriche andrebbe, come minimo, calata in una realtà, quella del nostro paese, in cui se da una parte diversi furbi hanno potuto lucrare su opere inutili come gli impianti eolici dove non c’è vento, dall’altro l’intera filiera rinnovabile ha lavorato in condizioni di mercato falsate, non certo dall’incentivazione eccessiva, ma dalla perdurante quota di risorse appartenenti ai cittadini, devolute ai detentori di impianti di produzione energetica da fonti assimilate, che l’annoso scandalo del CIP6 ha permesso da ormai due decenni. Senza questa puntualizzazione l’intera storia dello sviluppo delle rinnovabili in Italia viene patentemente falsata.
(http://www.aspoitalia.it/archivio-articoli-italiano/313-la-dolorosa-istoria-delle-fonti-rinnovabili-italiane)

Per quanto riguarda la promozione della Ricerca scientifica sarebbe interessante che noi tutti nel settore, iniziassimo a fare considerazioni un po’ meno conformi ad un modello di ricerca ormai interamente asservito al paradigma economico vigente basato sulla crescita e la bulimia consumista e quindi sulla distruzione delle basi della nostra stessa esistenza. Modello che non ha un domani nè dal punto di vista economico e sociale né, tanto meno, dal punto di vista ecologico.

Luca Pardi
Primo ricercatore presso l’Istituto per i Processi Chimico- Fisici del CNR
Presidente di ASPO-Italia


lunedì 10 dicembre 2012

Dal mondo vuoto al mondo pieno (di gente) anche la ricerca deve cambiare, ma chi l'ha capito?

Oggi all'Area della Ricerca del C.N.R. di Pisa c'era il presidente dell'ente prof. Luigi Nicolais da Sant'Anastasia (NA). Si, lui, il ministro della Funzione Pubblica del gov. Prodi, il predecessore dell'indimenticato Renato Brunetta, ma anche tante altre cose. Alle 14:30 era previsto un'incontro fra il presidente e il personale nell'auditorium dell'Area, l'incontro è stato anticipato alle 14:10 per poi iniziare effettivamente alle 14:30.


Brevemente introdotto dal presidente dell'Area dott. Claudio Montani, Nicolais si è presentato all'audience soffermandosi solo sugli aspetti professionali e non su quelli politici, non ha mai menzionato il fatto di essere stato per due anni ministro della Repubblica (questo mi ha fatto una buona impressione, sono sempre colpito dall'understatement). Poi ha iniziato una noiosissima e prevedibile nenia sui benefici della ricerca che, complice il filetto di cernia della mensa, mi ha rapidamente portato fra le braccia di Morfeo. Sono stato risvegliato da una collega che mi ha dato di gomito (sembra che avessi la bocca aperta e fossi prossimo a russare! Oh ragazzi, ma io mi sveglio alle cinque e alle 14:30 sulle poltrone dell'auditorium avrò diritto ad una defaillance? :-)) mentre Nicolais continuava con la consueta retorica della ricerca, dell'innovazione, della competitività del sistema paese, del non c'è sviluppo (leggi crescita) senza ricerca, dell'interdisciplinarietà. Roba da riaddormentarsi all'istante e risvegliarsi nel 2100 a giochi fatti.

Questo è stato per me un altro saggio di quello che sono le nostre classi dirigenti che, a giudicare dalle domande dell'audience divisa fra le speranze mal riposte dei lavoratori atipici (leggi precari), qualche sessantottino/a di risulta, e qualcuno col piglio professionale di quello che sembra sapere il fatto suo non sembrano essere peggio del popolo che dirigono.

Una ragazza "giovane" (per definizione perché più giovane della media dei presenti) e precaria (ops atipica) domanda a Nicolais: "ma se io le domandassi oggi, sig, Presidente, se ho delle prospettive continuando a lavorare qui lei cosa mi risponderebbe?". Lui sorride benevolo e dice, "dott.ssa siccome peggio di così non può andare, io le dico che le prospettive ci sono". Io ho già il cervello in tilt alla prima frase: "PEGGIO DI COSì NON PUò ANDARE". Ah, come vorrei prendere il microfono e dire urbis et orbis: "oh certo che si, esimio Presidente, può andare molto peggio di così, ci sono paesi in cui sta andando ed è andata peggio di così, il problema è che voi (classe dirigente) non avete ancora capito bene cosa sta succedendo alla cosa che tentate, e magari anche con una certa abnegazione, di dirigere.

Il mondo che lei e i suoi colleghi si immaginano, anche con abnegazione e umiltà, di dirigere sta andando in pezzettina, la crisi del debito del CNR è una piccola crepa che unendosi alle crepe più grosse finirà per far crollare tutto l'edificio. La scienza e la ricerca vanno a pezzetti insieme all'ALCOA, all'ILVA, alle aziende automobilistiche e giustamente. A tutto c'è un fine. L'errore è aver finto per tanto tempo che non ci fosse. Eravamo stati avvisati per tempo, più di 40 anni fa, dal Club di Roma. Vi ricordate "i Limiti dello Sviluppo"? Andatevelo a rileggere cari colleghi, fate questo piccolo sforzo e vedrete che abbiamo buttato via quasi mezzo secolo di scienza e coscienza inseguendo, anche noi, miti irrealizzabili.

Non avete capito ad esempio che la retorica non basta più a nascondere il fatto che le condizioni della ricerca non sono più quelle di solo un quarto di secolo fa (per non parlare di mezzo o un secolo addietro) in termini di ritorno dell'investimento. Per chi fa ricerca questo dovrebbe essere evidente, ma si preferisce non vedere altrimenti saremmo costretti a pensare qualcosa di davvero innovativo, ad esempio qualcosa che non pigia più il piede sull'accelleratore della competizione, perché la competizione è ottima quando le opportunità sono abbondanti, ma quando si restringono è un fatto ecologico che alla competizione deve subentrare la cooperazione altrimenti è guerra fra bande. Esattamente quanto sta avvenendo a tutti i livelli delle società che questi signori si ingegnerebbero, ognuno al suo livello, di dirigere.

La Scienza in cui siete cresciuti, in cui siamo cresciuti, è agonizzante. Se ci vuole la macchina più grande dell'intera storia umana per fingere di aver trovato una particella che forse non esiste. Se si deve fingere che invece quella particella esista proprio alla vigilia di importanti decisioni politiche che determinano l'entità dei finanziamenti alla stessa macchina (Ah si sto parlando dell'LHC, del Large Hadron Collider). Se da anni, fra il serio e il faceto, nei corridoi su cui si affacciano i laboratori universitari e dei centri di ricerca, si sussurra che "la pubblicità è l'anima della Scienza". Se i grandi progetti vincenti (pochi invero) sono fin dall'inizio definiti sulla base del potere e passano oltre la vista degli oscuri ricercatori come me, vuol dire che il problema non è transitorio, è terminale.

Prima se ne prenderà atto e prima inizieremo a ridefinire i limiti e le finalità della scienza in un mondo in cui l'overshoot ecologico della specie umana non richiede competizione per convincere qualcuno che l'ultimo ritrovato (probabilmente inutile) è essenziale per rilanciare la crescita, ma razionale programmazione di una ritirata con il minor numero di perdite possibile verso una società globale ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibile.

Le conoscenze che ha accumulato la scienza degli ultimi due secoli potrebbero e dovrebbero essere da guida in questa ritirata, a patto che non si creda di poter continuare come se negli stessi due secoli non fosse successo nulla e che si potesse, seguendo una retorica scientista che unica, fra le molte retoriche dei secoli scorsi, resiste pur mostrando la corda, proseguire sulla via della crescita eterna grazie ai sempre nuovi conigli tecnologici estratti dal cappello della ricerca.

Il mondo è pieno di gente e sempre più vuoto di risorse e di opportunità ecologiche. La scienza si deve occupare di questo, ma se si spera di farlo con lo stesso metodo che ci ha portato a questa situazione le probabilità che possa essere ancora utile sono scarse.