sabato 24 novembre 2012

Il bello dei metodi anticoncezionali.

Traduco di seguito una parte di un editoriale pubblicato in occasione del giorno del ringraziamento e che ci è stato segnalato attraverso la preziosa newsletter del Population Media Center di Bill Ryerson.

L'editoriale è condividibile in se, ma mostra inoltre anche che negli Stati Uniti ci sono persone che affrontano il tema della natalità mentre qui da noi resta un tabù catturato dagli estremismi dei difensori della vita alla Giuliano Ferrara e i difensori dei diritti civili che, salvo rare eccezioni (1, 2), anch'esse spesso catturate da altri problemi contingenti, sono troppo timidi per affrontare il tema della sostenibilità ecologica della popolazione umana. Va detto che, nonostante questo, il tasso di natalità statunitense è superiore al nostro: 2,06 contro 1,40 (cfr infra). 

La classifica del tasso di fertilità totale (numero medio di figli partorito da una donna durante la sua vita) nel mondo è riportata da The World Factbook della CIA. E' certo che per una riduzione globale del tasso di fertilità totale, quello che sarebbe necessario per iniziare un processo di rientro dolce verso la sostenibilità ecologica e sociale, non è l'Italia a doverlo fare, ma certamente quei paesi che superano il valore di 2 figli per donna. Tuttavia quello che sembra di riscontrare è una diffusa reticenza a parlare di popolazione e per non parlare di popolazione non si parla neanche del fatto che per lo stesso fine della sostenibilità, è impossibile anche continuare a far crescere i consumi materiali. 

Ed è su questo che noi dei paesi sviluppati dobbiamo fare di più. Ci vorrebbe una generazione di politici che iniziasse a dire: "cari cittadini, la nostra specie sta andando allegramente verso una catastrofe, il nostro compito è negoziare una riduzione della natalità dove essa è alta, in cambio di una riduzione dei consumi. La mancata ulteriore e inutile crescita del mondo sviluppato deve andare in aumento del benessere per i paesi in via di sviluppo e riduzione della loro natalità".

E invece quello che vediamo sono le primarie di Renzi e Bersani (per non dire di quelle di Alfano e Santaché, Proto, Meloni, Mussolini, Crosetto .... altri?), il dibattito su come peggiorare in modo illegale una legge elettorale pessima, e altre genialate del Gerontocomio partitocratico.  Ma coltivare le speranze non costa nulla.

E adesso l'articolo che vi avevo promesso.

Perchè SEI grato ai contraccettivi. (qui l'originale)

Il Tacchino anticoncezionale.

Ci sono molte ragioni per essere grati alla contraccezione. La contraccezione offre ai giovani la possibilità di determinare il proprio futuro.L'uso der contraccettivi moderni previene 3.100.000 gravidanze indesiderate adolescenti ogni anno (negli USA NdT). Quando gli adolescenti sono in grado di evitare le gravidanze indesiderate hanno più probabilità di rimanere a scuola e di guadagnare un reddito maggiore per tutta la vita. Questo è vero sia per le madri adolescenti che per i padri. I ragazzi che diventano padri hanno anche meno probabilità di completare la scuola secondaria rispetto ai loro coetanei non-genitori. Prevenire le gravidanze indesiderate tra gli adolescenti riduce anche il numero di casi di mortalità materna in tutto il mondo. Le gravidanze adolescenziali e le complicanze connesse alla gravidanza sono la prima causa di morte tra gli adolescenti di sesso femminile. Infine, i preservativi giocano un duplice ruolo: aiutare a prevenire la gravidanza e l'infezione da HIV. Prevenendo gravidanze precoci o non intenzionali e l'infezione da HIV, la contraccezione salva la vita e migliora le opportunità di istruzione e di occupazione per i giovani.
 

venerdì 23 novembre 2012

La storia del PIL: capitalismo, crescita e benessere.

Spesso gli economisti insegnano che nell'Europa precapitalista non si stava meglio di ora.
Sembra un'affermazione convincente.
Si dovrebbe, come chiedeva Shumpeter agli studiosi di economia, studiare la storia economica. Magari dall'età della pietra in poi, un po' come fa Jared Diamond in "Armi, acciaio e malattie". Ma non importa tanto. Accontentiamoci degli ultimi 2000 anni, o anche meno, e prendiamo per buono il PIL (GDP) come misura del benessere. Lo studioso che per primo ha tentato la difficile ricostruzione storica del PIL di varie aree geografiche e singoli paesi è l'economista Angus Maddison. Questo grafico ricostruito dai dati di Maddison riportati da wikipedia presenta il PIL procapite dall'anno 1 (d.C.) al 2003 per varie zone geografiche del pianeta, in dollari internazionali, cioè a parità di potere d'acquisto.

Secondo l'economista Gregory Clark, però: una rappresentazione schematica della storia economica mondiale è sorprendentemente semplice e può essere vista come nella seguente Figura

Prima del 1800 il reddito pro capite -la disponibilità di cibo, vestiario, riscaldamento, illuminazone, e alloggiamento pro capite variano a seconda delle società e delle epoche. Ma non c'è tendenza alla crescita. Un semplice ma potente meccanismo [...], la trappola malthusiana, ha assicurato che a breve termine guadagni in termini di reddito grazie ai progressi tecnologici siano stati inevitabilmente persi attraverso la crescita della popolazione. [cit. "Farewell to Alms" di  G. Clark]

La ragione della divergenza secondo Clark, dipende da un fenomeno demografico e sociale che la Gran Bretagna "sperimenta" per prima . Nella popolazione britannica dei secoli precedenti alla rivoluzione industriale la mortalità colpisce duramente le classi più basse della società che si spopolano, per questo motivo i figli delle classi superiori vanno ad occupare posizioni più in basso nella scala sociale trasportando la minore tendenza alla violenza, la laboriosità, l'inventiva e l'istruzione propria delle classi superiori in tutta la popolazione. Questa mobilità sociale verso il basso è alla base della spiegazione del perché alcuni paesi sono rimasti poveri ed altri sono diventati ricchi.


Non sorprende che la tesi di Clark sia poi stata sposata dai Think Tank della destra economica e politica. Essa infatti apertamente scarica dalla politica dei paesi industrializzati la responsabilità della povertà del terzo e quarto mondo. Il primo mondo è geneticamente migliore come lo erano le classi dominanti dell'Inghilterra e dell'Europa al tempo della rivoluzione industriale. Tesi apertamente classista che si inserisce nel filone delle spiegazioni storiche, antropologiche, economiche e culturali e sociali sull'origine della Rivoluzione Industriale.

L'interesse che suscita a chi si occupa di sostenibilità è diverso. La trappola malthusiana è stata rimossa non da un fenomeno eugenetico involontario e di difficile dimostrazione empirica, ma da un fatto materiale unico e irripetibile: la scoperta del possibile uso dei combustibili fossili. Non dico semplicemente: la scoperta dei combustibili fossili, ma la scoperta del modo di usarli. Fatto che implica lo sviluppo di scienza e tecnologia nei modi e nei tempi che hanno caratterizzato la finestra storica che va dalla metà del XVIII secolo ad oggi. Con il solo flusso di energia solare l'umanità è rimasta nella trappola malthusiana, scoperto un gigantesco, ma finito, deposito di energia solare fossile e sviluppati i mezzi per sfruttarlo ha innalzato in modo drammatico la capacità di carico del pianeta e dunque aperto la trappola malthusiana nella quale come dice Clark:  a breve termine guadagni in termini di reddito grazie ai progressi tecnologici siano stati inevitabilmente persi attraverso la crescita della popolazione.

Dunque se non è la genetica, si conclude che: 
1) le responsabilità dei paesi sviluppati ci sono ancora tutte. Alla responsabilità viene richiesto non pentimento e contrizione, autoflagellazione e vergogna, ma AZIONE. La prima azione dei paesi sviluppati è prendere coscienza del fatto che la crescita del reddito procapite oltre un certo limite non corrisponde ad un aumento del benessere. Che smettano questi politici robottizati di ripetere a macchinetta come fossero i pater noster del rosario: crescita, crescita, crescita. Provino a connettersi con la realtà studiando un po' di più e chiacchierando un po' di meno.
2) Che la parte di mondo che è rimasta nella trappola malthusiana deve uscirci. E per uscirci ha bisogno di smettere di crescere demograficamente e approfittare di questo per aumentare il reddito procapite che fino ad un certo livello corrisponde ad un aumento del benessere.
3) Che per tutto questo un movimento politico che voglia occuparsi di sostenibilità ecologica, economica e sociale, non può che PENSARE GLOBALMENTE E AGIRE GLOBALMENTE. Localmente agiamo già ogni singolo giorno e farlo in modo sostenibile, promuovere i comportamenti ecologicamente virtuosi come le filiere corte, le reti sociali, combattendo il consumo di territorio e rispettando la natura è importante, ma non easustivo. Secondo me!

sabato 17 novembre 2012

Il rientro dolce.

Ero stato invitato al congresso annuale di Rientrodolce associazione radicale di cui sono stato segretario per diversi anni e di cui sono tutt'ora socio, ma purtroppo ho dovuto cambiare programmi improvvisamente per un impegno non previsto e non dilazionabile.
Ero stato invitato nella veste di presidente di ASPO-Italia, ma ci sarei andato soprattutto in quanto socio.
Provo a scrivere quello che avrei detto.
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Come presidente di ASPO-Italia avrei detto che non ho ancora trovato una critica convincente alla nostra convinzione che con il Picco del Petrolio si manifestino tutti i segni dell'overshoot ecologico di Homo sapiens, non come singoli eventi indipendenti o debolmente accoppiati, ma come manifestazione di un unico fenomeno i cui aspetti economici, ecologici e sociali andrebbero trattati, a livello politico, culturale e informativo nel quadro di una visione d'insieme (olistica) e non, meccanicisticamente, come singoli problemi a cui si può porre rimedio con interventi tecnicamente appropriati. La sindrome dei tecnici è esattamente questa. Il problema generale è la sommatoria di tanti problemi che possono essere specialisticamente e separatamente affrontati. Non è così.

Il Picco del petrolio. La maggior responsabilità delle incomprensioni su questo punto è stata riconosciuta all'interno della relativamente ristretta cerchia dei "cultori della materia", nel fatto che si faceva confusione fra
l'insieme dei tipi di greggio che hanno alimentato il metabolismo sociale ed economico mondiale nel secondo dopoguerra, che è stato etichettato come petrolio convenzionale, e l'insieme di tutti i liquidi nel quale confluiscono tutti i tipi di petrolio non -convenzionale che vanno dalle sabbie bituminose agli scisti, dal deep water agli ipotetici giacimenti artici e antartici e altri tipi più o meno accessibili. Il Picco del petrolio convenzionale si è verificato nel biennio 2005-2006. Cioè da allora la produzione di petrolio convenzionale è, come previsto anche dall'IEA a suo tempo, in declino. L'interesse per quando avverà il Picco di tutti i liquidi è accademico. Cosa dicevano gli hubbertiani alla fine degli anni 90' del secolo scorso?
1) Il Picco del petrolio (convenzionale) non è la fine del petrolio, è la fine del petrolio a buon mercato (cheap Oil). (Campbell Laherrere 1998)
2) Questo avrà sicuramente delle conseguenze economiche perché il nostro sistema economico si è strutturato con una crescente dipendenza dal petrolio.
[Su questo punto appaiono risibili i ragionamenti pseudo-razionali degli economisti che argomentano insistendo sul fatto che il petrolio incide per una percentuale minima del PIL per cui un suo aumento di prezzo è sostanzialmente ininfluente. Ci sono beni non economici, come l'ossigeno dell'aria, che incidono zero sul PIL, ma dei quali il sistema economico non può fare a meno, tanto è vero che se la concentrazione di ossigeno cala sotto il 17% si muore .... nel brevissimo periodo]
3) Non è importante sapere il tempo dell'evento ma convincersi che per mitigarne gli effetti ci vogliono uno o due decenni. (Hirsh 2005)
4) Il problema non è tanto un problema energetico, ma un problema di combustibili liquidi.
Un recente working paper del Fondo Monetario Internazionale ha proposto schemi predittivi nei quali si prende atto del fatto che un aumento sostanziale del prezzo del petrolio crea un ambiente economico che il nostro sistema capitalistico non ha mai esplorato. Siamo in Terra Incognita. O, se preferite, stiamo andando alla cieca verso il futuro sostenuti da due articoli di fede: la fiducia nella tecnologia e la fiducia nell'uomo. Auguri.

Il Picco di tutto. E' presto divenuto chiaro che il problema del petrolio rappresentava in forma simbolica il problema di tutte le risorse minerali (risorse non rinnovabili per eccellenza perché i loro tempi di ricostituzione vanno dall'ordine delle decine alle centiania di milioni di anni e oltre per alcuni metalli). La rarefazione delle risorse minerali mette in forse le grandi speranze nelle nuove tecnologie perché sono le nuove tecnologie in particolare che sollecitano in modo mai avvenuto prima, la tavola periodica degli elementi nella quale le leggi di abbondanza degli elementi sono rigidamente determinate e sostanzialmente immutabili. L'efficienza nell'uso dei materiali e il riciclo spinto non risolvono, ma allontanano il problema nel futuro. Come è ovvio infatti l'efficienza e il riciclo non possono essere mai, per ragioni termodinamiche, che inferiore al 100%, ma quasi sempre sono molto inferiori.

E' abbastanza comprensibile il fatto che una visione puramente geologica del tema petrolifero e delle risorse minerali sia comunque limitata e soggetta ad errori. Ma la sostanza delle cose non cambia: i picchisti avevano previsto una crisi in concomitanza con il manifestarsi una crisi dell'offerta di materie prime, e, in particolare di petrolio. Nonostante la crescente domanda dal 2004 al 2008 la produzione di petrolio è rimasta piatta e la crisi è arrivata. Aveva il vestito finanziario e quindi tutti si sono dedicati a guardare questo, ma sotto aveva il corpo malato dell'economia reale. Forse un giorno la storia dell'economia ricostruirà in modo completo tutto questo scenario, ma per chi come noi, sta vivendo in diretta i fenomeni è impossibile non tentare di alzare la voce mentre tutti si dedicano ad altro.

E non ci sono solo i minerali e le risorse energetiche fossili. Qualsiasi risorsa sfruttata ad un tasso superiore a quello di ricostituzione viene progressivamente esaurita. E' quello che sta succedendo alle popolazioni di pesci selvatici nei mari del mondo che aggressivamente sfruttate con i metodi industriali che hanno sostituito i metodi tradizionali della pesca, mostrano segni di collasso, o sono già collassate.[The end of the line]

Poi c'è l'acqua dolce sul cui picco hanno influenza sia l'aumento della domanda che i fattori climatici.[Peak water] Solo la tecnofede può indurre a pensare che a risolvere il problema intervenga qualche miracolo tecnologico. Ma la tecnofede esiste [Dassaults Systemes]

Anche i fertilizzanti usati in agricoltura sono soggetti ad esaurimento. I fosfati perché sono esclusivamente di origine minerale [Peak Phosphorous] i nitrati perché, benché l'azoto di cui sono uno dei composti sia virtualmente presente in atmosfera in quantità illimitate, vengono prodotti da metano e da altri idrocarburi attraverso il processo Haber-Bosh che, insieme alla meccanizzazione e all'uso dei fitofarmaci è la base della rivoluzione verde. Una rivoluzione che ha permesso di produrre cibo in quantità sufficiente a far aumentare in modo incontrallato la popolazione (e perciò mantenendo gran parte di essa in stato di denutrizione) usando quantità enormi di idrocarburi come materia prima per i fertilizzanti e come combustibili per i mezzi meccanizzati e per l'irrigazione.

I cicli bio-geo-chimici. La nostra attività ha manomesso profondamente e quel che più conta rapidamente su scala biologica e ancor più geologica [Tiezzi 1984], tutti i cicli geochimici del pianeta. Il più in evidenza in questi anni è stato quello del carbonio nel quale con la continua aggiunta di gas serra in atmosfera (prevalentemente anidride carbonica e metano) abbiamo innescato i cambiamenti climatici dei cui effetti si comincia a prendere coscienza dopo anni di confronti su piani sinceramente poco adatti a promuovere la comprensione dei problemi da parte dei cittadini. Ma come vi aspetterete non c'è solo il ciclo del carbonio.[Borders].

Il suolo fertile. Un'altra risorsa che si ricostituisce lentamente quando viene totalmente distrutta e che comunque non può essere sfruttata ad un tasso superiore a quello di ricostituzione è il suolo. Si può dire che il XX secolo ha sostenuto la crescita della popolazione umana sfruttando, grazie al petrolio, la risorsa suolo fino ad intaccarla in modo sostanziale. La riduzione di fertilità e la desertificazione, fattori a loro volta amplificati dai cambiamenti climatici, sono fatti incontrovertibili. Il consumo di suolo agricolo, da cui viene, comunque, a prescindere da qualsiasi straordinario passo in avanti tecnologico, tutto il nostro cibo, dovrebbe essere il fenomeno che al tempo stesso guardiamo con maggiore attenzione e che denuncia in modo più chiaro la non-sostenibilità del nostro agire a livello globale.

Businnes as Usual is not an option!

I Limiti dello sviluppo. Era stato detto 40 anni fa. Nel rapporto per il Club di Roma intitolato Limits to Growth e tradotto in italiano come I limiti dello sviluppo, un gruppo di scienziati del Massachusetts Institute of Technology (MIT) divulgavano le scoperte della allora nuova dottrina scientifica della Dinamica dei Sistemi sviluppata al MIT da Jay Forrester, applicata al sistema mondo. Jay Forrester nello studio della dinamica industriale aveva scoperto che i sistemi complessi, cioè costituiti da molte parti interconnesse e fortemente accoppiate, non rispondevano a dinamiche (cioè variazioni nel tempo) facilmente prevedibili sulla base di modelli mentali ed aveva intrapreso un progetto di analisi e modellizzazione di tali sistemi che l'aveva portato a conclusioni importanti sulla natura dei sistemi complessi e, soprattutto, sulla possibilità di crearne modelli che dessero indicazioni utili alle politiche di gestione dei sistemi stessi. Questo poteva essere applicato a sistemi come le aziende industriali, o ai sistemi urbani, agli ecosistemi e perchè no al mondo intero.

Il modello non è l'oggetto che si studia, esattamente come non lo sono i modelli mentali che abbiamo della realtà che ci circonda. Tuttavia un modello computerizzato creato dopo un'analisi accurata del problema o del sistema che si vuole studiare è meglio di un modello mentale. La maggior parte delle critiche a i Limiti dello sviluppo invece affermano implicitamente il contrario. Dire che si tratta solo di un modello, significa dire che il mio modello, mentale, è meglio, ha maggior valore predittivo.

Il modello di mondo creato dai ricercatori del MIT mostrava che il sistema industriale era prono al collasso. (per i dettagli o vi leggete il libro o cercate qualche documento divulgativo in internet, ottimo anche Limits to growth revisited di Ugo Bardi, di fatto una delle migliori produzioni di Ugo che vista la politica editoriale di Springer meriterebbe una traduzione/edizione pirata). Questo vuol dire che con diverse ipotesi di partenza il sistema finiva per subire una improvvisa semplificazione, cioè un collasso. Gli autori si sforzavano di minimizzare il valore delle loro conclusioni per quanto riguardava i dettagli temporali del modello predittivo, e si concentravano sull'andamento delle variabili implicate che erano cinque: la popolazione, il capitale, l'inquinamento, il cibo e le risorse naturali.

Lo scenario di Limiti che gli autori consideravano più probabile qualora non si fosse intervenuti con politiche di mitigazione degli effetti negativi della crescita e di contenimento della popolazione e del suo appetito nei confronti delle risorse naturali, venne identificato come scenario standard e prevedeva una crisi del prodotto industriale, della produzione di cibo e successivamente demografica nella prima metà del XXI secolo. L'immagine della crisi è quella che segue:


Dunque ci siamo. E io penso, e con me lo pensano molti in ASPO e Rientrodolce, che quello che vediamo sia l'inizio di quella crisi. Un'overshoot ecologico che si presenta come crisi finanziaria e poi crisi economica, ma era già prima crisi di un sistema non sostenibile. Di nuovo, tanti auguri a tutti perché ne abbiamo bisogno.
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Come socio di Rientrodolce mi dispongo sul versante dell'azione possibile.
Innanzi tutto il fine statutario di Rientrodolce era ed è quello di stimolare le risposte politiche a quanto detto sopra. Non che ci si possa aspettare molto. I politici, i migliori, sono abituati a non guardare l'albero, ma la singola foglia, mentre noi gli chiediamo di guardare la foresta. I radicali sono stati per 10 anni il nostro principale obbiettivo. Prescindiamo dai risultati ottenuti. Non avevamo molte speranze nè con i liberisti nè con i socialisti nè con le vie di mezzo. Quello che sorprende è che dieci anni sono passati invano se si pensa che tutt'oggi la maggior parte delle persone guardano la foglia e trascurano la foresta e perfino l'albero, non solo ma considerano "ideologico" guardare più in la della punta del proprio naso affermano di sapere che c'è qualcosa oltre quella punta, ma si comportano come se lo ignorassero.

Per creare questo modo di vedere aiuta molto la cultura contemporanea della velocità e della specializzazione. Tutto deve essere istantaneo, consumato rapidamente e trasformato in rifiuto. Questo vale per gli oggetti materiali, ma anche per le idee. Fermarsi a riflettere è irrimediabilmente retrò e fuori moda. Questo sullo schermo e sul palcoscenico. Ma nell'intimo ciascuno di noi sente il bisogno di fermarsi. Mentre le classi dirigenti spronano alla competizione, molti sentono il bisogno di cooperazione, coscienti del fatto che è la cooperazione a premiare il merito e non la competizione che premia solo la violenza e la sopraffazione. In un ambiente collaborativo i migliori per certe mansioni e caratteristiche vengono investiti spontaneamente delle responsabilità, mentre in un ambiente competitivo prevalgono i più furbi e i meno leali, in pratica prevale la malavita. Esattamente quello che sta succedendo da una parte all'altra del nostro paese e nel mondo. Violenza, illegalità, spregio della giustizia, bulimia consumista, irresponsabilità ecologica nei confronti delle altre specie viventi, sopraffazione e sfruttamento dell'uomo e degli altri animali e degli ecosistemi, questi sono i caratteri emergenti dell'etologia umana all'inizio del XXI secolo.

Le soluzioni sono demandate agli specialisti, ai tecnici. Persone che hanno dedicato la loro vita a guardare la foglia, le sue venature, la faccia superiore e la faccia inferiore. Magari l'hanno sezionata e guardata al microscopio. Sanno tutto della foglia. Non sanno nulla dell'albero e della foresta, ma sono convinti che la foresta sia semplicemente una somma di foglie.

Per questo la politica è nelle mani di tecnici che poi essenzialmente si occupano di economia, considerando l'economia una cosa che si esaurisce in se stessa e al suo interno contiene tutte le possibili risposte. Tutto viene reso economico attraverso un prezzo. Gli idealisti, in questo campo, si occupano di abbellire il ponte del Titanic o rendere il naufragio meno sgradevole. Anche questo è successo già nella storia dell'umanità, ma quando succedeva c'era sempre un posto dove andare, dove fuggire e rifugiarsi. Una nicchia ecologica libera in cui emigrare. L'umanità del XXI secolo non ha questa opzione. Il mondo è pieno e non c'è posto dove fuggire, dobbiamo rinunciare a questo modulo comportamentale che ci ha accompagnati fin dall'origine. Oggi emigrare significa affrontare presto o tardi un conflitto. La retorica del migrazionismo e la controretorica dell'isolazionismo sono ambedue prodotti dei secoli scorsi. Inutili oggi. Nessuno fermerà le ondate migratorie se non metteremo mano ai due problemi di fondo: la crescita della popolazione e la crescita dei consumi.

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Riprendo da questo punto.

Mi accorgo ora che sto rimandando la proposta. Qualcuno mi ha rimproverato di non averne una. Il problema è che viviamo in nicchia e pensiamo globalmente. Noi, non quelli che guardano la foglia. Dovremmo dunque promuovere un nuovo modo di affrontare i problemi ecologici della nostra specie? Avevo pensato tempo fa a riformulare lo slogan in: Pensare Globalmente, Agire Globalmente. L'idea che si possa affrontare con iniziative locali i problemi di un pianeta popolato da una popolazione di 7 miliardi di persone (e ancora in crescita), tutte affamate di qualcosa, chi, la maggior parte, di cibo, chi, una minoranza, di gadget elettronici o, peggio, di autoveicoli più o meno alla moda. Certo è importante opporsi all'inceneritore, alla TAV, alla distruzione del suolo agricolo con i nuovi insediamenti, alla costruzione di opere tanto inutili quanto brutte, ecc, è importante tanto più se si è in grado di inserire le iniziative contro con un opera di educazione pubblica che innalzi la coscienza ecologica della media delle persone. Ma pensare che questo tipo di azioni locali esauriscano l'orizzonte delle possibili iniziative politiche è solo una semplificazione tranquillizzante di fronte all'immane problema che abbiamo davanti. Allora, mi sembra, quell'agire localmente deve sempre essere rapportato al problema globale, è la definitiva uscita dalla sindrome NIMBY con la quale ci hanno ammorbato i retorici del progresso e della crescita. Ma compiere battaglie locali rapportandosi, empaticamente, ai problemi del mondo non cambia la natura di quelle battaglie. Era per questo che l'adesione di Rientrodolce al Partito Radicale Transnazionale aveva fin dall'inizio un senso. Il fatto che Bill Ryerson sia entrato nel PRT è un successo dovuto in gran parte ad Antonella Spolaor, ma poi la cosa va fatta marciare. Il problema non è solo nostro, ma noi possiamo occuparci più facilmente dei nostri problemi e modificare solo noi stessi. In parte la gestione Bilotti ha curato alcune storture di quella precedente (la mia), in termini di capacità di coinvolgere le persone e non respingerle. Ma sembra che manchi ancora un progetto. Ogni volta che abbiamo fatto un progetto siamo stati superati dagli eventi e probabilmente abbiamo anche deluso coloro che, nel partito, ci avevano, per ragioni imperscrutabili, dato fiducia.

Come ci ha raccontato Marisa Cohen ieri, ci trovammo a Firenze nel 2005 ed avevamo molte idee, ognuno la sua, non so esattamente se deliberammo qualcosa, ma li iniziò a manifestarsi il confronto/scontro sulla questione migratoria poi risolto in modo vagamente ipocrita. Poi ci fu un secondo incontro fiorentino, quello di Villa Arrivabene, c'era Marco Perduca. Dove sono finiti i documenti di quell'incontro? Poi un numero imprecisato di partecipazioni a Congressi di Radicali Italiani (che oggi si definisce associazione radicale per sottolineare il fatto che NON E' il principale soggetto dell'area, ma che nel decennio passato è stato de facto un primus inter pares della galassia, quello dove si decidevano le linee generali della politica radicale, ovvero dove si ratificavano le decisioni di Pannella). Pannella ed altri compagni ci fiancheggiavano, ma non siamo mai stati capaci di far diventare questo fiancheggiamento in appoggio e soprattutto far diventare l'istanza rientrodolcina uno degli obbiettivi del partito. Perché? Sicuramente per nostra incapacità (questo va sempre detto altrimenti poi ti dicono che sei presuntuoso), poi perché è pensando globalmente è oggettivamente difficile agire di conseguenza, specialmente in mancanza di mezzi economici. Da questo, non da altro, dipende il nostro limitarsi al bla bla bla come evidenziato da Mario Marchitti il quale, in mancanza di meglio, propone di fare volantini, banchetti, iniziative contro il grattacielo di Torino. Nessuno nega che anche queste cose abbiano una loro importanza, ma sembra un po' quello che non potendo scalare l'Everest fa una passeggiata sul Monte Morello.

Io non ho tantissime proposte operative, e soprattutto le tengo per me perché quando si lanciano in forma scritta diventano immediatamente scolpite nella pietra e oggettivamente minacciose. Le proposte si confrontano allo stato liquido nel confronto vis a vis fra persone appassionate ai problemi che ci assillano. Alla fine del confronto non saranno più la PROPOSTA POLITICA DEL PARDI, ma il prodotto della cooperazione di tutti ed è più probabile che molti vogliano metterle in pratica.

Psicologia? Forse. La consapevolezza non si compra al mercato, ma si ottiene quotidianamente anche con l'attenzione alle proprie emozioni, reazioni, sensazioni. L'unica idea che ho è che ci sia estrema necessità di deleaderizzare la politica e i movimenti. (Attenzione, non credo che i radicali siano un esempio di partito personale, non credo neppure che lo siano i renziani e i grillini). Sto divagando, ma quello a cui cerco di arrivare è proporre la realizzazione di un incontro che dia a tutti la possibilità di partecipare all'elaborazione di un programma di lavoro. E per questo tipo di incontro vedo una possibile forma nell'Open Space Technology che ho sperimentato una sola volta con ASPO-Italia e che credo potrebbe essere usata con ancor maggior successo da Rientrodolce. Il metodo modifica radicalmente la psico-dinamica delle riunioni di lavoro mettendo in risalto non le personalità (come regolarmente facciamo nei nostri congressi con presentazioni frontali e inviti ad autorevoli personalità) ma gli individui e favorendo la cooperazione fra essi. E' uovo di Colombo che deve essere sperimentato prima di essere giudicato. Prego quindi gli scettici, che fra noi (anche giustamente) abbondano, di tenere ferme le dita e le corde vocali e predisporsi a sperimentare questa tecnica senza aspettative e pregiudizi.

Non so se la proposta possa entrare come punto vincolante nella mozione generale del VI congresso di Rientrodolce, oppure c'è bisogno di una mozione particolare. In ogni caso la cosa non è difficile basta dirsi che si vuole fare entro la prossima primavera. Oggi stesso, se ho ben capito, un esponente bolognese delle Transition Town dovrebbe intervenire al congresso e lui sa di cosa si parla perché nell'ambiente delle TT la tecnica viene utilizzata con successo da tempo.

Non c'è altro che da trovare un titolo dell'incontro, un facilitatore esterno (il cui servizio deve, come minimo, essere a costo zero per lui, ma preferirei dargli un compenso), una sede appropriata, e garantire una partecipazione sufficiente, perché se ci troviamo in cinque non vale proprio la pena.

Un saluto a tutti e buon lavoro.

sabato 10 novembre 2012

Poi si meravigliano dell'antipolitica.

La genialata politica del giorno è di Bersani. I ministri del governo tecnico sono candidabili, ma devono dire da che parte stanno. In particolare sembra che si riferisse a Passera e Fornero. Se ne deduce che qualsiasi cosa un ministro faccia (e ambedue i suddetti ne hanno fatte di cose) va bene purché la faccia sotto la bandiera giusta.

Secondo classificato Vendola che dice di aver l'ambizione di pensare che questa sia per lui l'ultima volta.

Non poteva dire semplicemente che non intende ricandidarsi?

Viene una voglia di andare a votare che ti porta via. L'antipolitica sono loro.