venerdì 21 settembre 2012

Ciò che non può essere fatto.

Hanno detto:
Un paese come l'Italia non può rinunciare ad un polo siderurgico.
Non può non avere una grande azienda di produzione automobilistica.
Non può smettere di fare figli. Ma anche: non può fare a meno dell'immigrazione.
Non può rinunciare alle proprie risorse fossili, ergo: le deve sfruttare fino all'ultimo barile (petrolio), metrocubo (gas), tonnellata (Carbone?).
Non può smettere di costruire strade, case, ponti, porti, interporti, parcheggi, funivie, seggiovie, palazzi, palazzini, palazzoni. Capito? Un paese come l'Italia non può tutto questo, e anche altro!
Si domanda sommessamente: non può mai mai? Per i secoli dei secoli? O ad un certo punto potrà ... e dovrà?

lunedì 10 settembre 2012

La peste economica e le sue spiegazioni.

Nell'inserto del Foglio di sabato c'è un doppio paginone centrale  occupato da un lungo articolo di Stefano Cingolani che traccia  un parallelo, ardito ma interessante, fra i tentativi di spiegazione  dell'origine della Peste, prima che alla fine del XIX secolo si  identificasse il bacillo (Yersinia pestis) responsabile della peste
bubbonica trasmessa dai ratti tramite le loro pulci, e le  spiegazioni della crisi economico descritta dagli "addetti ai lavori" come epidemia.

Lo stesso brancolare nel buio, e tuttavia con una simile prosopopea degli addetti ai lavori, allora medici oggi economisti. Poi si scopre che un frate,  tal Antero Maria di san Buonaventura, dedicandosi all'assistenza  ai malati di peste nell'epidemia del 1656-57 a Genova, aveva  intuito qualcosa sulla responsabilità delle pulci perché, argomentava che l'effetto principale delle palandrane cerate che indossavano
gli addetti all'assistenza dei malati di peste, e che si erano mostrate abbastanza efficaci, non riparavano le persone dai miasmi degli  "atomi cattivi" ma più semplicemente che "la tonica non ha altro buon effetto, solo che le pulci  non sì facilmente vi s'annidano".

Cingolani poi sul tema economico si barcamena fra teorie  economiche della crisi e porcate finanziarie per concludere seguendo l'economista Kaldor che rispondendo ad uno studente che negli anni 70' gli domandava se il capitalismo fosse in crisi, diceva:  "Certo che lo è, il fatto è che il capitalismo è sempre in crisi".
Cioè sposa l'idea che lo Yersinia pestis economica non si può trovare o che è insito nel sistema ed è quindi inutile agitarsi. E  se invece, inascoltati, gli Antero di questa
fase della storia economica fossero proprio i limitisti: decrescisti, rientrodolcini, picchisti, hubbertiani, neomaltusiani.... cioè noi?

Lo sapremo solo fra qualche secolo, a cose fatte, come per Antero.