venerdì 25 novembre 2011

PIL

Ora hanno trovato il presidente del consiglio giusto ed il governo di professori universitari giusti per prendere le misure giuste per far tornare, giustamente, l'Italia a crescere. Il tutto, come in Grecia, in totale disprezzo della democrazia. E si deve anche essergli grati perché ci stanno salvando dal baratro sul cui orlo ondeggiamo da venti anni. Non fu un'altro tecnocrate, Giuliano Amato, miracolosamento sfuggito alla purga di Mani Pulite (lui si Bettino no) che ci salvò, con un colpo di mano notturno, dal baratro? Quand'era? Il 1992? Non ho nemmeno voglia di controllare. Poi ci salvo eroicamente Prodi portandoci nell'euro. E questi erano i nostri amici, la sinistra amica del popolo. Figuriamoci gli altri! O no? Non saprei!

Ma torniamo alla crescita, il mantra del nostro amato presidente, ex-comunista dell'area migliorista, Giorgio Napolitano. Kenneth Boulding spiega che: "quando qualcosa cresce, diventa più grande". E a questo proposito Herman Daly chiosa: "anche l'economia quando cresce diventa più grande", e partendo da queste che sembrerebbero ovvietà pone quattro domande all'economista:
1) esattamente cos'è che sta diventando più grande quando l'economia cresce?
2) Quanto è grande adesso?
3) Quanto grande potrebbe mai diventare?
4) Quanto dovrebbe essere grande?

In economia si risponde solo alla prima delle quattro domande con una risposta tanto semplice quanto insoddisfacente: cresce il PIL che è la misura (più semplice) della ricchezza di una nazione.

Sarebbe interessante porre queste domande a questi tecnici che, in quanto tali, vengono pensati come guidati dalla purissima scienza e non influenzabili da nulla, tanto che chiunque si azzardi a far notare le diverse affiliazioni bancario-finanziarie del presidente del consiglio e dei ministri viene immediatamente tacciato di complottismo. Far notare un fatto è di per se manifestazione di quella strana malattia mentale che viene classificata e liquidata sotto la categoria psico-sociale di complottismo.

Dunque tornare a far crescere il PIL, perché, ti dicono anche, altri crescono e pagano l'energia quanto la paghiamo noi, quindi vuol dire che sono più attrezzati nel nuovo panorama energetico. Più efficienti, più competitivi, più tecnologici, più produttivi. Cresce la Cina, cresce l'India, cresce il Brasile, e in Europa
cresce la Germania patria di tutte le delizie del capitalismo continentale. E li tutti a sbracare nella solita esterofilia un po' idiota. La Cina cresce perché tenendo il 90% la propria popolazione strabordante (nonostante la politica nazi-comunista del figlio unico) sotto il giogo della dittatura si può permettere di pagare l'energia ad un prezzo alto tanto il lavoro non gli costa nulla (il 10% è l'aristocrazia della dinastia maoista che trova ancora molti ammiratori in casa nostra). Gli atri BRIC in parte dipendono dalla Cina, in parte sono produttori di energia (che esportano sempre meno). India e Germania sfruttano il momento, ma per quanto non si sa. Ho ancora in mente quando pochi anni fa ci additavano Islanda e Spagna come esempi da seguire. Lasciamo perdere gli esempi di crescita da imitare quindi e concentriamoci sul significato stesso della crescita del PIL.

Ci viene in soccorso Geminello Alvi con il suo ultimo libro: "Capitalismo. Verso l'ideale cinese" (Ed Marsilio).
Alvi ci spiega che il PIL è una patologia aberrante della contabilità nazionale che si è consolidata come un intrico tale che nemmeno una persona colta può riuscire a decifrare, nel 900 grazie alle guerre e all'influenza dei keynesiani. E' una contabilità sbagliata che pretende di misurare come ricchezza aggiunta alla ricchezza pre-esistente anche delle spese intermedie come i servizi dello Stato, ordine, educazione, cultura ecc. Il PIL ha l'abominevole effetto di economicizzare tutto anche ciò che economico non è. E questa omologazione va bene sia al capitalismo consumista occidentale sia al capitalismo di stato cinese.

Il suo effetto è la perdita dell'io, cioè dell'individualità. Il capitalismo contemporaneo con la religione della crescita del PIL è quanto di più lontano dall'ideale liberale europeo di morale individuale. Promuove un individualismo fittizio in cui ciascuno si definisce grazie alla quantità di beni di cui si circonda in una follia bulimica senza soluzione in quanto destinata, per ragioni di mercato, ad essere sempre insoddisfatta dalla standardizzazione delle merci. "L'omologazione [....] è congenita a quel continente dell'anima che è la Cina [....], Ma in Occidente l'omologazione, per quanto non congenita, sta comunque dilagando. Quant'era individuale e desta morale del singolo, è ora mania statale la quale, promettendo di divenire diversa, rende invece tutti più uguali. Il lusso di massa, indossato da vite finte in tv o su internet, già basterebbe ad omologare l'anima dell'Occidente." (cfr Geminello Alvi op. cit. pg 31)

"Il Pil e il Pnl sono strumento statistico di omologazione di quanto non è prodotto per il mercato come i costi dello Stato o dell'istruzione o della sanità, ma viene finto tale. E' il riflesso mentale quotidiano e indotto che fa considerare normale che prima funzione dello Stato o della cultura sia produrre valore." (ibid pg 40)

E mentre sarebbe necessario ridurre l'estenzione e la funzione del Pil come indicatore di ricchezza e ricondurlo ad una ragionevole misura del valore aggiunto ci si propone "Di renderlo ancora più comprensivo, della felicità e degli indici ecologici alla moda. Quando si dovrebbe invece lavorare per restringerlo, indi per limitare l'economicizzazione omologante" (ibid pg 40)

E' questa la cosa che vogliono far crescere. Destra e sinistra reali (cioè quelle esistenti in carne e ossa non quelle pensate e accudite nella mente degli ideologi) si dividono sul come, ma è questo potente strumento omologante che vogliono far crescere.

Prima che i noti motivi fisici li fermino riusciranno a mercificare ulteriormete tutto ciò che amiamo e a toglierci la libertà. Come si diceva un tempo: o ci si ribella o si sopporta.